Caroline, April, Gregg, Barbara condividono tutte un sogno: innamorarsi e sposarsi.
Siamo a New York negli anni '50 e nonostante gli americani siano più evoluti di noi in temi di parità di genere ed emancipazione femminile, il fulcro su cui ruota l'intera vita di una giovane donna è trovare marito. Preferibilmente un buon partito. Lavorare è per la maggior parte di loro un diversivo prima del matrimonio, dopo il quale si da per scontato che una donna smetta di "giocare a lavorare" e inizi a fare quello per chi è venuta al mondo: prendersi cura della casa e dei figli.
Leggere questo libro nel 2016, quando il lavoro sottrae così tanto tempo alla mia vita e alla vita di tutte le donne che conosco, mi ha creato dei sentimenti fortemente ambivalenti. Da una parte rabbia, una fortissima rabbia verso questa società patriarcale e maschilista dove le donne non hanno un ruolo sociale se non in casa, dove le posizioni di potere e responsabilità sono una meta irraggiungile se non a costo di sacrificare l'intera vita al lavoro. Rabbia verso queste giovani donne che non se ne rendono conto, che vivono per un apprezzamento, per uno sguardo maschile, che vivono al solo scopo di essere sufficientemente carine per trovare marito.
Dall'altra parte la trama è così coinvolgente che si sospende il giudizio, ed anche la lettrice del 2016 alla fine vuole solo sapere se April sarà finalmente felice, se Barbara trover l'amore anche dopo la fine del suo matrimonio e soprattutto che fine farà Caroline.
Caroline ci viene presentata come la più emancipata del gruppo, come una giovane donna che non vuole solo riempire il suo tempo col lavoro in attesa di un marito, ma che è ambiziosa, che è interessata davvero a quello che fa. E' su di lei che avevo riposto tutte le mie speranze...
Non aggiungo altro.
Buona lettura e che il dibattito abbia inizio!
Era meglio vivere negli anni '50?
Stefy